Jin, Jîyan, Azadî. Donna, vita, libertà. Suona così in curdo. Tre parole che messe insieme sono diventate uno slogan di lotta e di protesta che riecheggia sui social dell’intero pianeta. Questo grido di protesta mondiale si è alzato nello scorso settembre, quando Mahsa Amini, conosciuta anche come Zina o Jîna Emînî (il suo nome curdo) è diventata la prima vittima della rivoluzione dei “tulipani violati”. In questo triste giro del Mondo, il grido di protesta è arrivato sino ad Eboli nella Giornata internazionale della donna.
Il coordinamento “Donna, vita, libertà ” ha fatto sì che nella giornata dell’8 marzo, nell’aula consiliare di Eboli, ci fosse un momento di riflessione a culmine di una campagna di raccolta firme a sostegno della lotta per il riconoscimento dei diritti violati che sta coinvolgendo attivamente Curdi, Iraniani e Afghani. Tra le protagoniste, due ragazze afghane vittime dell’oppressione del governo del loro Paese d’origine, che hanno trovato in Napoli una città pronte ad accoglierle: Fatima e Mahdiyar Hafiza.
Fatima e Mahdiyar hanno raccontato di essere arrivate a Napoli grazie all’associazione Arci Mediterranea, con l’aiuto della loro sorella maggiore già presente sul nostro Stivale, a Bari. Proprio perché la sorella maggiore si trovava già in Italia, la loro presenza in Afghanistan non era molto gradita: da quel che hanno raccontato le due giovani donne, infatti, i cittadini che hanno contatti con paesi stranieri non hanno vita facile in Afghanistan: sono considerati spie e per la loro safety era di gran lunga più conveniente provare ad emigrare in un altro paese. L’alternativa era rassegnarsi a vivere sotto il governo talebano.
Emigrare è la scelta migliore, pur dovendo lasciare la propria casa, la propria madre, il proprio padre e i propri fratelli. Il loro primo goal era quello di raggiungere gli USA, ma dopo molte peripezie hanno deciso di provare a costruire un futuro migliore in Italia. Fatima è una studentessa di Medicina e Mahdiyar è iscritta all’ultimo anno del Liceo Scientifico.
Sullo sfondo di queste incredibili storie, grande mobilitazione popolare voluta anche dalle famiglie iraniane presenti sul territorio ebolitano, da importanti associazioni culturali e sportive.
I momenti dell’evento
Qualche défaillance sui racconti sull’origine della giornata internazionale della donna che troppo spesso hanno fatto riferimento a falsi miti.
E’ stata citata, per ben due volte, anche dal primo cittadino, la storia delle donne che persero vita in un incendio di una fabbrica di New York. La tragedia fu una vera tragedia, ma non scaturì da qui l’istituzione di questa giornata. Questa giornata venne istituita nel 1917, dopo che a Pietrogrado, con uno sciopero portato avanti dai primi movimenti femministi dell’epoca contro la guerra che portò in piazza più di 90.000 lavoratori, venne sancito l’inizio della Rivoluzione d’inverno che condusse all’abdicazione degli zar e al suffragio femminile.
Tra le poesie, molto emozionante la voce di Vito De Caro che ha declamato i versi di una poetessa iraniana. Nel prossimo consiglio comunale, ha spiegato la presidente della commissione cultura, Lucilla Polito, verrà discussa la possibilità di dare la cittadinanza onoraria postuma a Mahsa Amini/Jina Emini, non solo per la sua lotta che oggi diventa anche nostra, ma anche in continuità a quella vicinanza al popolo curdo che è sempre stata manifestata dal nostro comune. Si ricordi che a Ocalan, il più importante advocate per i diritti dei Curdi, è stata conferita la cittadinanza onoraria ebolitana dall’allora sindaco Gerardo Rosania. Il legame della città di Eboli con il popolo curdo deve essere oggi più forte che mai: loro non possono manifestare con la loro bandiera, perseguitati anche dal regime iraniano.
Inoltre, il coordinamento di donna vita e liberta ha chiesto anche cittadinanza onoraria e il patrocinio politico per i ragazzi che sono nelle carceri cioè, adottando un condannato, l’ambasciatore iraniano dovrebbe dare notizie sulla sua condizione di salute. Questo provvedimento, però, potrebbe essere in contrasto con quanto chiesto nella raccolta firme portata avanti: in quel documento, infatti, i cittadini chiedono al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella di bloccare i rapporti internazionali con l’ambasciata iraniana, nel caso in cui non voglia prendere posizione sulle gravi violazioni dei diritti.
Gli interventi
Interessanti anche gli interventi di Mimmo Maglio «Questo è il tempo dell’indignazione» con l’invito a dedicare l’incontro e l’intera giornata alla giornalista Afghana morta nelle acque di Cutro; di Leda Minchillo che ha posto l’accento sulle barbarie della guerra, matrice per eccellenza dell’azzeramento di ogni diritto, ha detto: «Ragazzi, ricordiamoci che tutti sono vittime, anche i ragazzi che combattono dalla parte dei cattivi. Sono minacciati, influenzati, soggiogati. Anche loro muoiono».
Sullo stesso tono anche l’intervento di Anna Grimaldi, portavoce passionale di questo coordinamento: nessun cittadino del mondo deve vedere calpestati i propri diritti e poi il racconto della sua personale storia con i migranti che hanno risieduto a Eboli, la lotta dei palestinesi, dei siriani e dei curdi, ricordando che la frase sul manifesto è di Ocalan. «Questa non è una lotta al velo. Questa è una lotta contro chi impone».
Alla giornata di lotta e memoria hanno partecipato molti rappresentanti delle liste che stanno concorrendo al Forum dei Giovani e gli Scout Cngei e Agesci. Il prof. Gasparro ha contribuito al momento musicale, commovente anch’esso.
E’ stata lettera scritta da Mahdiyar: un vero raggio di luce, struggente ed emozionante così come struggente ed emozionante è il murales dedicato alle donne iraniane, realizzato dalle studentesse e dagli studenti del Liceo Artistico Levi.
Sul finale, una giovane donna ha intonato «Bella Ciao». Tutti, abbiamo cantato tutti perché la lotta non è di uno, ma di ciascuno.