Dott. Filippo Capuano
ABSTRACT
Background
La cefalea rappresenta una delle maggiori cause di disabilità nella società moderna, poiché lo stress, la postura, il lavoro ne favoriscono l’insorgenza. Lo studio in esame intende valutare l’efficacia di un trattamento osteopatico esclusivamente craniale e delle cervicali alte, senza l’utilizzo di tecniche con HVLA. La cefalea tensiva risulta essere quella più frequente, con una maggiore presenza per il genere femminile. La zona sub-occipitale è un punto chiave per l’insorgenza delle cefalee perché rappresenta l’inserzione dei muscoli sub-occipitali, che danno un dolore riferito alla testa, nonché punto di uscita per le giugulari, il nervo vago (X) e accessorio (XI). Per tutte queste ragioni è fondamentale non concentrarsi solamente sul trattamento della muscolatura cervicale, ma lavorare anche sull’aspetto venoso, data la componente di natura congestiva delle cefalee.
Metodi
La popolazione è stata selezionata a seguito della somministrazione di test valutativi per il tipo di cefalea e la frequenza, scegliendo quella muscolo tensiva di entità moderata. Il campione è stato suddiviso in due blocchi, di cui uno trattato con le tecniche in esame e l’altro con placebo. Lo studio è
durato tre mesi con un totale di sette trattamenti. La frequenza del trattamento era di una volta a settimana per 4 settimane, successivamente di una volta ogni 2 settimane e una volta il mese successivo e i risultati sono stati elaborati ad un mese dal termine del ciclo di terapie dell’ultimo partecipante. Le tecniche in esame erano la lift del frontale, lift del parietale, l’inibizione dei sub-occipitali e la tecnica delle membrane intracraniche. Sono stati valutati dolore con la scala NPRS, disabilità con NDI e impatto della cefalea con il questionario HDI alla baseline, dopo il ciclo di trattamento e 14 giorni di distanza dall’ultima seduta.
Risultati
L’analisi statistica evidenzia che nel gruppo sperimentale si sia registrato un miglioramento superiore al questionario HDI e NDI (rispettivamente p=0.046 e p=0.016) rispetto al controllo. Il dolore si è modificato di più nel gruppo sperimentale, ma non in misura statisticamente significativa rispetto al controllo (p=0.1). Al follow-up, la disabilità misurata con il NDI è migliorata ulteriormente (p=0.009).
Conclusione
In conclusione, l’elaborato, pur basandosi su un campione basso di persone, è un buon invito a proseguire gli studi per dare una valida soluzione ad una delle problematiche che sempre maggiormente affligge la società odierna.