Riceviamo e pubblichiamo la relazione introduttiva da cui ha preso il via il dibattito, organizzato e promosso dal gruppo Eboli Responsabile: «Problemi e prospettive del dibattito culturale nella Città di Eboli».
Il gruppo “Eboli Responsabile”, associazioni culturali e sportive e singoli cittadini, ritengono che sia arrivato il momento di fare una seria riflessione sulle questioni che rappresentano gli indicatori più importanti che denotano la qualità della vita in una città e in un territorio.
Accedere a una biblioteca, all’archivio storico documentale, alle strutture per la formazione, per la vita di relazione e promozione di attività culturali, sportive e ludico-ricreative, non può essere considerato un’opzione subordinata a mere compatibilità finanziarie e/o di disponibilità di personale, ma un servizio primario da rendere alla comunità.
Sappiamo che le risorse economiche contano, ma sappiamo anche, che la vera ricchezza di una comunità deriva dal patrimonio delle intelligenze diffuse, che sviluppano idee, sono in grado di creare progetti di crescita economica e sanno gestire le risorse del territorio, non solo per produrre ricchezza materiale ma anche per creare migliori condizioni di vivibilità, per se e per le future generazioni.
La storia di Eboli e dei nostri padri questo ci ha insegnato, molti di noi hanno potuto attingere a piene mani a risorse culturali e fruire dei beni pubblici disponibili grazie alla lungimiranza di chi ha ritenuto che l’istruzione e la formazione psico-fisica fossero beni primari su cui investire risorse e creare infrastrutture.
Di là dell’ormai consunto motto “Cristo si è fermato a Eboli”, vi era, nel passato, racchiuso in quest’espressione il significato di un luogo in cui le condizioni di vita non erano assoggettate alla sola fatica per la sussistenza materiale, ma permettevano la fruizione di beni e servizi che rendevano la vita, più umana, da “Veri Cristiani”.
Questa connotazione ha ormai perso significato, perché Eboli si è lentamente omologata alle tante “moderne” periferie delle aree metropolitane, con cui condivide sempre più spesso modelli culturali pseudo modernisti o, peggio, contigui con l’illegalità.
Ciononostante, noi riteniamo che ci siano nel tessuto sociale le energie per invertire questa tendenza all’omologazione, capaci di riannodare le file con la nostra storia e riaffermare i nostri caratteri identitari, non per esprimere uno sciocco orgoglio sciovinista, ma per recuperare la giusta dimensione del vivere civile e il senso di comunità.
La vicenda della chiusura della biblioteca è stata il campanello d’allarme che ha risvegliato l’attenzione della parte più avveduta e consapevole della città. E’ solo l’ultima eclatante conferma di un processo di lenta e strisciante disattenzione delle amministrazioni, che si sono alternate da almeno quindici anni a questa parte, verso i settori della vera cultura e della formazione, che troppo spesso è stata confusa con chiassosi intrattenimenti o con mere passerelle autocelebrative dei personaggi del momento. C’è stato vuoto assoluto d’idee, solo smodata ricerca di facile consenso elettorale, magari assecondando richieste di “facile consumo popolare”, senza però una strategia per la costruzione di eventi permanenti innestati sulla realtà locale. Difatti, con l’ultima amministrazione comunale, il comparto cultura era diventato un autentico bancomat gestito personalmente dal Sindaco che poteva utilizzare un notevole budget finanziario.
Si è così lentamente sbiadita l’immagine di una città laboratorio di fermenti culturali e centro di formazione scolastica d’eccellenza, sicuro riferimento per percorsi d’istruzione ed elemento di richiamo per la qualità delle iniziative culturali e ricreative.
Si sono persi eventi ormai consolidati e affermati come “Vissi D’arte”, “Feed Back”, “Disorder”, Festival di musica etnica e popolare ecc. che richiamavano migliaia di persone, non solo del circondario. Stessa vicenda la mancata adesione al Parco Letterario Carlo Levi e la creazione di un museo Leviano, che è dovuto migrare a Buccino per ricevere degna allocazione. Per non parlare poi dell’insipiente perdita di rapporti con la gemellata Pastrana che veicola il nome di Eboli a livello internazionale al pari del “Cristo si è fermato Eboli”.
La vicenda del ridimensionamento del Liceo Classico e degli altri istituti d’istruzione, va oltre la diminuzione della popolazione scolastica, ma rappresenta l’epilogo di un declino cui non si è posto nessun argine.
La scellerata politica della concentrazione dei locali per le attività didattiche, sia per ciniche economie finanziarie, sia per presunte inagibilità, ha aperto un ampio fronte per il riuso produttivo di plessi scolastici svuotati, che rischiano di essere o demoliti o lasciati all’incuria e al vandalismo. Non si tratta di essere facili profeti di sciagure, basta vedere la sorte che hanno subito le altre strutture lasciate in abbandono, quali l’ex CO2, il parco giochi del Rione Pescara e la miriade di locali e proprietà pubbliche disseminate nel territorio Comunale.
La necessità del ripristino della biblioteca come servizio fondamentale per la città offre l’occasione per ripensare a una più funzionale sistemazione per renderla più facilmente accessibile e corredarla con adeguate strutture di sussidio, quali auditorium per proiezioni, dibattiti, conferenze, seminari di studio e mostre didattiche.
La vicenda del plesso scolastico di Salita Ripa, tuttora funzionante, che si vuole trasformare in mero parcheggio è una vera offesa al buon senso, sia perché può ancora essere adibito a funzioni didattiche, sia perché potrebbe ospitare la biblioteca comunale e l’archivio storico, che sarebbero così più facilmente accessibili.
Anche gli Edifici scolastici di piazza della Repubblica potrebbero essere un’alternativa di ricollocazione della biblioteca se si rendessero disponibili ambienti a causa del ridimensionamento scolastico. Sarebbe una sistemazione ottimale, che, corredata di un auditorium che già un tempo esisteva, da adibire a iniziative per la promozione della cultura, darebbe la giusta centralità a un servizio fondamentale per la città.
Una biblioteca funzionante oggi con i moderni mezzi di comunicazione non può essere solo una pregevole raccolta di libri ma deve poter interagire con gli altri enti per l’informazione e la conoscenza con adeguate connessioni di rete e operare in collaborazione con enti e agenzie di promozione culturale.
Nei residui locali dell’attuale biblioteca potrebbero trovare posto un “Museo della Città” e l’archivio fotografico, che raccolga tutti gli elementi che consentono di leggere la storia della città attraverso documenti, grafici, disegni, progetti collezioni storiche, foto e mostre tematiche. Molte collezioni private e reperti indicativi, come quelli di Marcello Somma, Mariano Pastore, Francesco Manzione, Mariarosaria Pagnani, Mottola e tanti altri attendono di trovare adeguata e degna sistemazione per tornare a essere strumento di conoscenza e di crescita per le nuove generazioni.
Le necessità e i bisogni di una comunità che vuole definirsi civile obbligano gli amministratori della cosa pubblica ad agire non in conformità a progetti per singoli comparti ma con un’idea di città che miri a un benessere diffuso. Questo si può che si realizzare se si favorisce l’armonico sviluppo economico, salvaguardando il patrimonio storico-ambientale e se si rendono fruibili centri di socializzazione, di promozione delle attività musicali e teatrali, impianti per la pratica sportiva e ludico-ricreativa, aree e spazi verdi attrezzati.
La costruzione di un teatro comunale, di una sala prove musicale, un ambiente pubblico a destinare a convegni/concerti, di parchi pubblici sono opere non più rinviabili che riguardano tutti, perché incidono sulla qualità della vita dell’intera comunità e ne contraddistinguono i caratteri identitari. C’è bisogno di una programmazione che preveda la riqualificazione delle strutture e delle aree pubbliche esistenti da destinare a uso sociale, e contestualmente redigere un regolamento per la loro corretta gestione che tenga conto delle esigenze e delle finali che si vogliono realizzare coinvolgendo associazioni e operatori sociali operanti sul territorio. Sono queste le scelte che secondo noi qualificano il lavoro di un’amministrazione pubblica.
Tutto questo richiede la definizione di progetto unitario d’intervento, che deve trovare sicuri strumenti operativi nella macchina amministrativa. È perciò indifferibile, non solo la formalizzazione di assessorati sui temi fondamentali della cultura, dello sport e della pubblica istruzione, ma fare scelte amministrative che mirano a incrementare e/o trovare risorse finanziarie e impegnando personale qualificato su questi settori, anche ricorrendo a professionalità esterne.
Su questo sarà valutata l’azione dell’amministrazione Comunale e su questo terreno ci muoveremo per dare il nostro contributo, per concorrere a realizzare progetti utili al benessere della nostra comunità».