Di Berniero D’Eboli
“Non è una questione di poltrone come qualche maligno vuole far passare come messaggio alla città, ma è una indicazione su quali scelte strategiche l’amministrazione si può muovere per costruire una città migliore nel Domani. Queste sono state le motivazioni del nostro stare insieme, e questo è quello che vogliamo garantire -in qualità di consiglieri comunali- ai cittadini ebolitani”.
Si chiude con queste battute accorate la nota stampa diffusa all’indomani del mancato svolgimento del consiglio comunale dai consiglieri Adolfo Lavorgna, Gianmaria Sgritta, Walter Gaeta e Moscariello Cesare.
I quattro moschettieri della compagine Eboli Domani hanno tenuto a ribadire ancora una volta lo spirito alla base dell’assenza in aula consiliare di martedì. Il comunicato congiunto prosegue con una serie di quesiti posti all’amministrazione e palesati alla cittadinanza: sarebbero le mancate risposte ad essi il motivo che avrebbe spinto Eboli Domani a chiedere un cambio di marcia all’amministrazione Conte.
Tralasciando la forma grammaticale- che, evidentemente, risente della foga emotiva con la quale i quattro consiglieri espongono le loro sacrosante motivazioni della loro azione politica (?) tesa, come scrivono, ad “indirizzare” l’amministrazione verso scelte più coraggiose, volte “ad inseguire il sogno di una città diversa per certi aspetti migliore”- vale la pena, invece, di soffermarsi proprio su alcuni degli interrogativi posti, ed in particolare sui primi della lunga serie.
“Abbiamo un piano strategico della nostra città e della nostra comunità? Qual è il disegno di città o ancora meglio di distretto con i paesi vicini da progettare per una comunità che ha grande voglia di riscatto? Come ci poniamo di fronte ai grandi temi attuali come l’ospedale unico? E cosa si è fatto per stabilire le basi per questo? Cosa pensiamo della ricostruzione della case popolari di piazza borgo e della loro ricollocazione nei quartieri di tutta la città?”- si chiedono in prima battuta Lavorgna, Moscariello, Sgritta e Gaeta.
Senza procedere nella lunga lista di quesiti che spaziano dalla metropolitana leggera alle società partecipate, dai fondi PNRR alla raccolta dei rifiuti, a questo punto un’altra serie di domande nasce spontanea: quando Lavorgna, Sgritta, Moscariello e Gaeta decisero di appoggiare Mario Conte, candidandosi nelle liste a sostegno della sua candidatura a sindaco di Eboli, lo fecero a scatola chiusa? Non esisteva, allora, un’idea condivisa di piano strategico per la città? Non una visione d’area? E della posizione rispetto ad un tema cruciale (e, purtroppo, annoso) per il territorio come ospedale unico, nel programma elettorale della coalizione di cui facevano tutti parte, non si faceva cenno? Sulla questione case popolari (anch’essa sul piatto non certo da oggi ma da ben prima della scorsa campagna elettorale!) Moscariello, Gaeta, Lavorgna e Sgritta non si sono confrontati in tempi utili con il (non ancora sindaco) Conte e con quanti, come loro, si sottoposero al voto dei cittadini per cambiare le sorti della città?
Viene da chiederselo, perché a leggere la nota di Eboli Domani, sembra che i suoi quattro esponenti non solo abbiano mai condiviso delle scelte programmatiche strategiche con la coalizione che ha portato Mario Conte alla vittoria nella scorsa tornata elettorale ma, addirittura, che in questo anno e mezzo di esperienza amministrativa abbiano avuto alcun ruolo attivo. Diversamente, come potrebbero ancora rivendicare la necessità di conoscere la vision strategica della stessa amministrazione di cui sono e, a quanto dicono, vogliono continuare a fare parte?
Se questi sopra elencati e tutti gli altri punti di domanda tracciati da Eboli Domani avranno prima o poi una risposta, non avranno risposta invece le domande che ci poniamo noi. E, magari, insieme a noi anche qualche cittadino; forse proprio uno di quei cittadini che hanno espresso la loro preferenza per uno dei quattro consiglieri in questione.
Forse la riposta non bisogna cercarla nelle parole, ma nei fatti. E, ad oggi, i fatti ci dicono che tanto c’è da fare, ma in pochi sembrano curarsene. Ci dicono che tra maggioranza e una parte dell’opposizione non esiste più una linea di demarcazione netta perché, se così fosse davvero, martedì sera e ancor prima Eboli Responsabile avrebbe lasciato vuoto il suo scranno in aula, ma questa è un’altra storia.
I fatti ci dicono che la città è ferma, bloccata da un “dibattito” politico che sembra più un braccio di ferro, in cui la resistenza di entrambi i giocatori ha fatto sì che non sia ancora stato decretato un vincitore.
Eppure, se un vincitore ancora non c’è, in tutta questa vicenda lunga e avvilente, fatta di colpi di scena che sono più simili a cadute di stile, c’è paradossalmente già un vinto.
A perdere è la città, è quella stessa Eboli che sperava in un futuro migliore da costruire “qui e ora”. Una città in cui la politica del bene comune sembra essere stata relegata in un “altrove” ancora da immaginare, per compiersi in un drammatico “mai”.