Di Massimo Arundine
C’è un luogo ad Eboli, una sorta di giardino incantato, in cui si coltiva la speranza di benessere e la voglia di vivere. E’ il Giardino dei Girasoli, dedicato ad un fiore atipico, antropomorfo nei disegni dei bambini, che rifugge le tenebre e guarda alla luce più intensa che arriva sul nostro pianeta, quella della nostra stella: il Sole.
Per parte della popolazione, conformata ad un diffuso pregiudizio, è un luogo di “pre-morte”. In quest’ottica riduttiva, la vita di ognuno di noi potrebbe essere considerata una “pre-morte”, un periodo che dura dalla nascita al decesso e che divide il tempo in due eternità: quella “prima di noi” e quella “dopo di noi”.
Per noi, operatori de “il Giardino dei Girasoli”, non esiste la “pre-morte” ma soltanto la “vita”: il miracolo più prezioso dell’universo.
Quando il tempo si assottiglia, noi cerchiamo di fortificarlo, svuotandolo dal dolore e dai fastidi dei sintomi che limitano la libera espressione del pensiero; riempendolo, invece, di buoni sentimenti, di sensazioni gradevoli, di emozioni.
Perché, in un improbabile parallelismo con il calcio, i gol più belli, quelli che decidono la partita, spesso si fanno nei minuti di recupero. E, comunque, le partite si giocano fino a che non arriva il fischio finale, nessuna squadra ha mai smesso di giocare perché mancavano pochi minuti alla fine della partita, anzi: gli ultimi minuti sono, quasi sempre, quelli più convulsi!
Così, ogni giorno, sfruttando la competenza e le risorse scientifiche e farmacologiche, cerchiamo di rendere più semplice e meno problematica la gestione di vite che, altrimenti, rischierebbero di collassare nella sofferenza e di perdere l’umana dignità.
Arriviamo fino al domicilio di chi richiede la nostra presenza, a volte nel centro cittadino, più spesso attraverso strade che mettono a dura prova la meccanica delle candide Panda dell’ASL. Cerchiamo di entrare nelle abitazioni in punta di piedi ma, spesso, capitano abbracci emozionali improvvisi che ci arricchiscono più del modesto stipendio.
Quando l’intensità delle cure e la frequenza degli interventi non consentono un’efficace assistenza a domicilio, solo allora, si rendono disponibili monolocali con cucina nella struttura dell’Hospice e si assicura una presenza costante di operatori sanitari formati e capaci di dar risposte ai peculiari bisogni di salute.
Fuori da queste “stanze private” si trova un salotto, con un pianoforte, una tv ed una collezione di libri a disposizione degli ospiti. C’è una chiesa per i bisogni religiosi ed un giardino dove, oltre a potersi dilettare, mostrando un eventuale “pollice verde”, ci si può rilassare seduti sulle panchine o gustando un drink ai tavoli disponibili. Quando il meteo non è favorevole, si può socializzare nella stanza del thè che si trova al primo piano della struttura: guardare dalla sua finestra la pioggia che cade regala un’impagabile sensazione di pace.
Per ridurre lo stress di chi già si trova a combattere una battaglia estenuante contro una malattia debilitante e subdola, i sanitari dell’hospice si sono formati e sono diventati bravi a gestire i PICC o i Midline, i PORT (accessi venosi che offrono garanzie di durata e stabilità maggiori) curandone l’inserzione, la manutenzione e la risoluzione di eventuali complicanze. Hanno manualità ed esperienza nella cura e sostituzione delle PEG e delle cannule tracheostomiche. Queste competenze sono messe a disposizione degli ospiti ricoverati ma ne è prevista la fruizione anche per chi si rivolge all’ambulatorio della struttura.
Il nostro cruccio è che, a volte, l’informazione che nell’Hospice ebolitano queste manovre sono routinarie stenta a passare e l’utenza si rivolge a strutture dislocate anche in altre regioni, con viaggi stressanti che potrebbero essere agevolmente evitati.
Il nostro auspicio è che si modifichi l’errata percezione che alcuni hanno dell’Hospice “Il Giardino dei Girasoli” come di un luogo di morte o pre-morte e venga finalmente riconosciuta la sua vera natura: un luogo ove si celebra la vita, fino all’ultimo istante.